Lo chiamano “family day aziendale” e sembra una delle ultime novità in tema di “team building”, ma in Italia l’approccio dell’interazione tra familiari dei dipendenti di una azienda e l’azienda stessa, ha radici lontane, che risalgono almeno dagli anni ’50 e che per esempio hanno visto figure come Adriano Olivetti ad Ivrea , dei veri “giganti” in tal senso, pronti non solo ad aprire un giorno le porte della azienda alle famiglie dei dipendenti, ma tutto l’anno arrivando a costruire un “welfare aziendale”, in cui la biblioteca, l’asilo nido e altri punti di incontro tra la famiglia del dipendente e la società del dipendente stesso, erano non l’eccezione ma la norma.
Oggi si ritorna a parlare di “welfare aziendale” e a cercare di fornirlo anche di supporti ed agevolazioni fiscali nel solco dell’esperienza della Olivetti di Ivrea, ma nel frattempo, come si è anticipato prima, è emersa la richiesta da parte di realtà non solo di grande peso e dimensioni ma anche di medio livello di costruire almeno un “family day aziendale”.
Perché organizzare una tale iniziativa?
Per rompere il “Muro” che relega i dipendenti nella asettica visione di un semplice rapporto professionale. Visione non più accettabile in un contesto economico dove le sfide che sono poste dal faticoso ma ineluttabile momento della “Ripresa” necessitano se non di una collaborazione piena almeno di una sinergia reciproca tra datori di lavori e lavoratori stessi. La “reputation” cresce sia internamente che esternamente all’azienda e l’ambiente stesso del luogo di lavoro si “svelenisce” di eventuali scorie di nervosismo per fare posto ad un contesto piacevole, dove si iniziano ad instaurare rapporti che spesso perdurano nella vita di tutti i giorni.
Cosa non deve mancare in un “family day aziendale”?
Indubbiamente il “baby parking”. Ma attenzione…non è da interpretare nella classica figura della baby sitter o dell’animatore che si trova a fronteggiare una folla di bambini in modalità passiva, ma al contrario strutturando lo spazio di accoglienza in maniera attiva, costruendo almeno due tipologie: una dedicata alla fascia di età 0-6 anni, ovviamente in cui la scelta dei giochi e dell’intrattenimento deve essere attenta alla sicurezza ( conditio sine qua non per avere dei genitori tranquilli durante il family day aziendale) e anche “alla moda” del momento in tema di giochi. La seconda tipologia riguarda la fascia da 6-12 e deve prevedere una sorta di “giochi senza frontiere” in cui ci sia spazio sia per i bambini dediti ad un desiderio di attività sportiva sia a quelli più abili nel gioco legato all’intelletto o al divertimento ragionato.
Il catering, un catering misurato e adeguato alla circostanza informale che si intende ricostruire in un ambiente formale, è certamente fondamentale. Un buffet in piedi, può risultare scomodo se si intende adottare un modello poco interattivo, ma poiché lo scopo di un family day aziendale è invece di far “legare” azienda con i dipendenti, diventa lo strumento principe di socializzazione a patto di saperlo utilizzare con moderazione. I bambini ovviamente nel catering non devono essere trascurati e da una parte va a loro garantita una alimentazione sana ma anche regalato un momento di soddisfazione di quella minima voglia di trasgressione gastronomica che è tipica dell’età.