La settimana politica appena conclusa si caratterizza, per quanto riguarda il panorama italiana, per uno scontro molto aspro tra la linea di Matteo Renzi ( e del suo partito, “Italia Viva” determinante specie al Senato, per la sopravvivenza del Governo) e quella dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte e che vede nel ministro del Movimento Cinque Stelle, Bonafede, delegato alla Giustizia, il capodelegazione del partito di Beppe Grillo.
Oggetto del contendere è la tanto discussa riforma della prescrizione, voluta fortemente dal ministro M5S, nell’ottica di una giustizia che non “dimentica” presunti colpevoli, neanche dopo una infinità di tempo e che vede l’ex Premier Renzi come capofila invece di un movimento di pensiero che ritiene questa norma, così come modificata dal precedente esecutivo ( del resto già entrata in vigore dal 1° gennaio, in assenza di ulteriori correttivi), un grave “vulnus” ai diritti dei cittadini nell’ambito dei pesi e contrappesi inseriti nell’ambito del diritto penale.
Ma lo scontro non è solo ovviamente di principio. Matteo Renzi da una parte caratterizza e gioca per il suo partito una battaglia identitaria al fine di riequilibrare la rotta di un governo che finora non lo ha soddisfatto pienamente, sebbene abbia contribuito fondamentalmente alla sua nascita. Il Movimento Cinque Stelle, in seria crisi di consenso, almeno da quello che si evince tra sondaggi e risultati di test elettorali importanti, come quello della Emilia-Romagna, fa di questa norma una sorta di “linea Maginot” della sua ideologia giustizialista, con la quale ha costruito in questi anni consenso e successo tra piazze e urne.
Se i due contendenti hanno le loro ragioni per non cedere ( e magari Matteo Renzi ha qualche ragione in più, come quella di teorizzare un nuovo esecutivo con un Presidente del Consiglio più ” equilibrato”, come ad esempio l’attuale Ministro dell’Economia, il democratico Roberto Gualtieri), Il principale partner del partito di maggioranza relativa nella coalizione di governo, il Pd di Nicola Zingaretti, trova invece nel mantenimento dello “status quo” governativo, il suo principale obiettivo.
A costo di sconfessare affermazioni e azioni legislative contro la riforma Bonafede, portate fino al mese di agosto 2019, quando si trovava non in maggioranza ma all’opposizione dell’esecutivo Conte I, formato da Lega e M5S.
Il mantenimento dello “status quo” e la neutralizzazione del rischio di elezioni anticipate, porta ad esempio, un esponente del PD di area zingarettiana come Goffredo Bettini ( già vicino a D’Alema, Veltroni e anche allo stesso Renzi negli anni precedenti) ad affermare in queste ore, la necessità di ” espellere” dalla maggioranza il Partito renziano.
Nessuno pensa che si arriverà realmente ad una crisi di governo, ma attualmente questo esecutivo “ha la febbre”. Un pò come alcuni soggetti in “quarantena” presenti all’Ospedale Spallanzani di Roma a causa del contagio del pericoloso “CoronaVirus”.
Il virus che arriva dalla Cina, al di là dei possibili rischi sanitari a livello globale, per ora si sta rivelando drammaticamente “letale” per l’economia e gli scambi commerciali mondiali.
La mancanza di operatività di industrie e terziario avanzato nella Repubblica Popolare Cinese sta rappresentando una fonte di rallentamento o di blocco di diversi settori, da quello della elettronica avanzata a quello automobilistico. Un grave danno per tutti.
Al momento attuale il CoronaVirus sembra rappresentare per la Cina di XiJiping quello che fu nel 1986 il disastro della centrale nucleare di Chernobyl per l’Unione Sovietica di Gorbaciov: una ferita aperta che mostra la vulnerabilità di un sistema politico ed economico.
E’ notizia di queste ore, la presunta conoscenza da più di un mese e mezzo del Presidente cinese del reale stato delle cose su questa emergenza sanitaria. Ovvero almeno due settimane prima che si diffondesse a livello globale, la prima serie di dati sugli effetti del contagio. Tutto ciò avrà sicuramente qualche effetto sulla stabilità della Presidenza cinese.
Negli U.S.A. le primarie democratiche del New Hampshire, hanno visto una leggera prevalenza del candidato radicale Bernie Sanders su quello moderato Pete Buttigieg. Ma ad avere in verità la luce dei riflettori è l’ex sindaco di New York , Mike Blomberg, che scenderà in campo alle primarie del 3 marzo, quelle del cosiddetto “SuperMartedì”, dove si voterà in molti Stati americani del Pacifico e dell’Atlantico. il magnate newyorkese sta improntando la sua campagna con una ottica già di sfida non verso i suoi colleghi democratici ma direttamente rivolta a Donald Trump.