Partiamo dal dato più fresco: sono appena uscite le proiezioni dei risultati delle Elezioni Politiche in Spagna. Le quarte in 4 anni. La Spagna e il suo modello elettorale ( come quello britannico o quello tedesco) erano fino a qualche tempo fa considerati affidabili per la stabilità del Sistema e anche per la esaltazione di un bipolarismo o meglio ancora un bipartitismo naturale.
Bene, a Madrid e dintorni, da quattro anni non è così. E i risultati di stanotte spostano e allargano la platea dei partiti che possono dire la propria per la creazione di un governo. Cresce col 14% il partito di ispirazione sovranista “Vox”, che si va ad unire oltre al PSOE ( che comunque rimarrebbe, secondo le proiezioni delle 20) il primo partito anche se in calo, i Popolari, Podemos e Ciudadinos.
Cosa succederà adesso? Difficile dirlo. Di sicuro ci saranno dei riflessi sulla politica e l’economia europea e ovviamente anche su quella italiana. Come del resto questa ultima aveva vissuto un profondo scossone con i risultati delle elezioni regionali umbre. Addirittura in Vaticano. Da registrare un confronto a distanza tra due autorevoli esponenti della Chiesa Italiana, come l’ex presidente della Cei Camillo Ruini e il Vescovo Domenico Mogavero. Ruini ha espresso una posizione più cauta rispetto a un impegno diretto della Chiesa, sa che non è tempo per un partito cattolico. Si intesta, dopo la fine della Dc, di aver influenzato la politica italiana attraverso la difesa di alcuni valori importanti. Una difesa che ha trovato nel centrodestra una maggiore assonanza. Ma la cosa più importante che ha fatto evidenziare in questa uscita sulla carta stampata è l’apertura al mondo sovranista e a Matteo Salvini. Sul capo del centro destra ha un’idea diversa Mogavero, il quale vede una certa difficoltà a dialogare con chi ha posizioni così distanti. La testimonianza della coerenza dei valori evangelici nella propria vita è la base dell’impegno dei cattolici in politica.
Altro evento importante della settimana è stata la pubblicazione del Rapporto Svimez. I dati che elenca sono drammatici: dall’inizio del nuovo secolo hanno lasciato il Mezzogiorno 2 milioni e 15 mila residenti, la metà giovani con un fino a 34 anni, quasi un quinto laureati. Sempre nel 2018 in Italia si è raggiunto un nuovo minimo storico delle nascite, sottolineando che al Sud sono nati circa 157 mila bambini, 6 mila in meno del 2017. A questo si associa il continua allargarsi del gap occupazionale tra Sud e Centro-Nord. Il continuo calo del PIL e il reddito di cittadinanza che non può da solo combattere la povertà. La ricetta dello Svimez? Puntare sul Sud come «piattaforma verde del Paese». «La bioeconomia meridionale si può valutare tra i 50 e i 60 miliardi di euro, equivalenti a un peso tra il 15% e il 18% di quello nazionale», stima il Rapporto, che per bocca del suo direttore Luca Bianchi invita a vedere nel «Green New Deal un’opportunità di rinascita economica del Mezzogiorno», che può fare da vera «piattaforma green del Paese».
Nella settimana del rapporto Svimez riesplode il caso Ilva. Quello che era stato risolto in tre mesi in realtà non era stato risolto. Nel 2015 il governo guidato da Matteo Renzi varò un decreto nel quale era contenuto un articolo che escludeva la responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell’affittuario o acquirente (e dei soggetti da questi delegati) dell’ILVA di Taranto in relazione alle condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale. In poche parole, mette al riparo i commissari prima (e gli acquirenti poi) dai processi: “Le condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale, nel rispetto dei termini e delle modalità ivi stabiliti, non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario, dell’affittuario o acquirente e dei soggetti da questi funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale”. Il primo Governo Conte (il c.d. governo giallo-verde) elimina l’immunità penale con il decreto Crescita. Un totale cambio di rotta. A sostenere questa iniziativa è in particolare MISE a guida Di Maio. Il quale aveva promesso, assieme a tutto il Movimento 5S, in campagna elettorale la totale chiusura dello stabilimento. Nel mese di agosto, il secondo Governo Conte, con il decreto “SalvaImprese” rispunta lo scudo. Ma alla fine il M5S riesce a far eliminare l’articolo versione definitiva del decreto, approvato pochi giorni fa. C’è da ipotizzare che qualcuno guarda con un certo interesse le prossime elezioni regionali in Puglia. Come c’era da immaginare la reazione non si è fatta attendere.
Il totale disimpegno del gruppo ha scatenato gli animi di tutti i gruppi politici. Ognuno cerca di dare una soluzione, con un Presidente del Consiglio che si precipita a Taranto per calmare gli animi di tutti. Vediamo quale soluzione ci troverà.
Rimane la necessità per il Sistema Paese di non perdere la leadership in un settore così importante.